L’intervento site-specific di Jorge Peris è frutto di studi approfonditi dell’artista sullo spazio architettonico specifico, monumentale e quasi invisibile della cantina – simbolo dell’unione simbiotica tra natura ancestrale e produttività contemporanea – costruita in osmosi con la campagna circostante, svelata solo dalla presenza di due fenditure, oltre le quali la struttura rivela la sua anima di cotto, legno, acciaio corten e vetro.
“Portal del Angel” è un precario arco di trionfo, un totem ancestrale, nato dall’incerto equilibrio tra le sue parti. L’architettura dell’opera nasce da un gesto di riappropriazione di materiali locali, legati alla storia del territorio: gli antichi orci di terracotta usati storicamente per conservare l’olio e collezionati dalla famiglia Antinori, si inseriscono in una struttura fatta con le pietre di Alberese, tipiche del Chianti, recuperate dall’artista sulla collina di Tignanello e montate con “piedi di botte” in pietra serena e marmo di Carrara.
Il titolo evoca l’accesso a uno “spazio altro” che è al contempo minaccioso e mistico, una dimensione liminare che segna una soglia, in cui l’imminente e tragico crollo delle pareti viene sostituito da un equilibrio “divino” capace di ignorare l’umana legge di gravità.
La grandiosa e, al contempo, francescana monumentalità di quest’opera amplifica le percezioni ma al contempo sembra evocare i tempi della terra e del vino mostrando quanto, nel grande gioco della Natura, l’uomo resti un piccolo tassello.
Jorge Peris è uno scultore che lavora sullo spazio e sul tempo intesi come sistemi complessi di forze e di equilibri in continua trasformazione. Il suo lavoro sempre creato in prima persona declina la forza poetica dei materiali tipica dell’Arte Povera, nella loro volontà di non rappresentare altro da sé ma di raccontare con la loro fisicità un’entropia in cui si rispecchiano le trasformazioni del mondo che ci circonda; dalle ricerche di artisti come Gordon Matta Clark un rapporto personale con l’architettura intesa come spazio politico metafora delle relazioni umane.
Le sue opere sono sempre il risultato di una sfida con i materiali nel desiderio di forzarne i limiti, ma a differenza di molti artisti contemporanei, preferisce lavorare con chi si sporca le mani in prima persona – artigiani, intagliatori di pietre, scienziati attivi in laboratorio – più che con ingegneri e tecnici. I suoi lavori nascono da acquerelli, a cui lavora incessantemente nella sua casa-studio nel Parco Naturale de Albufera nei pressi di Valencia, lontano dalla frenesia delle metropoli e solo occasionalmente collegato al flusso di informazioni e immagini digitali della rete.
Negli ultimi dieci anni Peris ha lavorato con muffe, argilla bagnata, acqua, sale e piante malate, integrandole in installazioni ambientali, capaci di creare inaspettati spazi monumentali in cui l’uomo si trova a confronto con gli effetti del tempo e le proprie emozioni.
Per molti anni assistente e amico di Gilberto Zorio a Torino, matura per l’Italia e la sua storia una profonda passione, mentre la sua approfondita conoscenza dei materiali più disparati risale a quando da ragazzo accompagnava suo padre negli spazi aperti dei cantieri, visitando edifici precari e in costruzione, ammirando e scoprendo i materiali e le loro caratteristiche come peso, colore, grana e ruvidezza.
INTERVISTA CON JORGE PERIS
DI Elena Bordignon
Mi racconti come è nata l’intervento site-specific “Portal del Angel”?
Jorge Peris: Nasce da un primo colpo di occhio blu, poi si è evoluto durante un anno per arrivare all’immagine iniziale. La prima cosa che ho visto dopo aver attraversato la pancia della cantina… spazi immensi dentro alla collina… ho aperto una porta e, con la luce naturale, ho scoperto questa collezione storica di orci. Ce ne sono alcuni che sono datati inizio del 1600… dietro e dentro al paesaggio. La sensazione data dai colori e dalle luci è indescrivibile.
A cosa si riferisce il titolo del progetto?
Il titolo é sempre qualcosa di intimo tra me e me. Il lavoro è un “portal” per certi versi “babilonico”. Qualche volta mi sembrano quasi delle cariatidi, maschio e femmina. Oltre c’è un’anticamera che da verso la produzione del vino; c’è anche uno spazio in cui fanno piccole quantità di olio con le olive che crescono intorno alla Cantina. Al di là, il luogo in cui il vino prende forma. Penso che la cantina sia un posto magico in tutti sensi. Il “portal” annuncia un tempio.
I materiali che hai utilizzato sono tutti legati al territorio del Chianti. Cosa ti ha affascinato di questi elementi?
Come non rimanere affascinati dalla Toscana? Il marmo di Carrara, le cave… in cui ci si sente come se si stesse sulla luna. Anche per il progetto per Antinori ho preso i materiali del luogo: dei contenitori stupendi in questa imponente architettura incastonata nella collina. Questo luogo è caratterizzato da lunghi filari dei vigneti e dietro i cipressi, gli ulivi e dietro ancora il tramonto… Leonardo da Vinci, senza interferenze. Durante il periodo di ricerca, stare in questo luogo sembrava di essere al centro di un sogno; ho provato molte delle sensazioni che provavo da bambino. Ho immaginato di giocare con questi orci, ammontandoli, creando equilibri precari. Non mi sono documentato prima su ciò che avrei trovato, volevo che tutto accadese nel mio immaginario. Ho visitato parecchie volte la cantina, mai una foto, tanti disegni, acquarelli , poi per dieci giorni mi sono messo a giocare guidando il sogno in modo che non si trasformasse mai in un incubo…
Devo dire che sono stato aiutato e seguito in modo straordinario. Ho avuto la fortuna di lavorare non stop con un equipe di professionisti molto bravi, entusiasti anche loro come fossero bimbi… dal primo all’ultimo.
Non so se è la prima volta che ti confronti con una realtà secolare come quella della Cantina Antinori. Nelle tue ricerche ci sono dei particolari – sia del luogo che della produzione strettamente legata al vino – che ti ha particolarmente colpito?
…qualcosa?! Tantissime cose, però non te le dico, resta un segreto, in terra Antinori.